#MeToo: le patenti in Arabia Saudita e l’ingiusta turnazione in Giappone

Buone notizie per le donne dell’Arabia Saudita, sono infatti arrivate le prime patenti di guida per le donne che dal 24 giugno potranno mettersi al volante, mentre in Giappone le lavoratrici devono rispettare ingiusti “turni” per diventare mamme.

Sono finalmente arrivate le patenti per le donne dell’Arabia Saudita, in vista dell’abolizione del divieto di guida prevista per il 24 giugno prossimo: solo per aver chiesto di ottenere questo semplice tesserino bianco tante cittadine hanno pagato con il carcere, umiliazioni pubbliche e intimidazioni.

Tahani Aldosemani e Esraa Albuti, che per prime hanno convertito le loro patenti internazionali in una saudita hanno mostrato orgogliose i propri documenti alle telecamere del ministero dell’Informazione saudita, mentre Aziza Yousef, Eman al Nafjan e Loujain Al Hatloun, che per anni si sono battute perché questo accadesse, non possono fare altrettanto perché detenute in carcere con l’accusa di tradimento.

In Giappone, invece, le lavoratrici sono costrette a partorire “a turno”, lo ha rivelato all’Afp – in forma anonima – una 35enne che per due anni ha provato ad avere un secondo figlio, sottoponendosi a svariate cure, fino a quando il capo le ha intimato di lasciar perdere perché aveva «perso il turno», a favore di una collega appena sposataLei se ne è andata e, una volta lontana dai turni, è rimasta incinta.

Ma anche un uomo, alcuni mesi fa, aveva denunciato la situazione, con una lettera a un quotidiano, in cui raccontava la storia della moglie, rimasta incinta «fuori dal turno» e sgridata dal principale. La pratica sarebbe particolarmente diffusa nei settori che hanno difficoltà a trovare e a trattenere dipendenti, come ospedali e asili nido, dove – secondo un alto funzionario dell’Istituto di ricerca per la prima infanzia di Tokyo – sarebbe ormai necessario attuarla, anche se a detta degli esperti obbligare i subalterni a questi turni è illegale.

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