Mazzaro spiega la sudditanza psicologica dei giornalisti

Esplorando la sudditanza psicologica negli arbitri e giornalisti, si evidenzia il comportamento condizionato nei confronti delle squadre più forti e dei personaggi influenti

Se non siete appassionati di calcio, non sapete che questa settimana i tifosi di calcio, ma soprattutto i giornalisti televisivi che dopo ogni partita ti spiegano cosa è successo, discutevano polemicamente dei favoritismi che gli arbitri fanno alle squadre più forti, parlando di sudditanza psicologica.

La sudditanza psicologica degli arbitri

L’arbitro è una persona che, come tutti noi, ha pregi e difetti, anche se non lo confessa. Quando si trova di fronte a una squadra forte subisce il fascino del potere. Non fischia soltanto i falli della squadra avversaria. Ha un occhio di riguardo rispetto ai falli compiuti dalla squadra più forte: valuta meglio o di più i pro invece dei contro. Ha un comportamento condizionato.

Anche dei giornalisti

La sudditanza psicologica non esiste soltanto nello sport e non riguarda soltanto gli arbitri. Anche nell’informazione i giornalisti, non tutti, subiscono il fascino del potere. Quando si trovano davanti a un personaggio importante hanno un comportamento riguardoso, non spingono la domanda fino in fondo e tengono in periferia le questioni più difficili. Lo trattano meglio di come tratterebbero una persona che non ha quel potere.

In questo modo l’uomo potente si troverà avvantaggiato, non soltanto perchè occupa un ruolo importante di potere, ma perchè la persona o l’interlocutore che è davanti a lui invece di fargli la domanda scomoda fa una riverenza, una richiesta.

Come per esempio in un famoso sketch raccontato dalla Gialappa’s Band, una banda di cabarettisti molto nota, la quale molti anni fa aveva monitorato un giornalista sportivo che stava intervistando Berlusconi e, dopo avergli fatto una domanda, in 20 secondi di risposta di Berlusconi era riuscito a fare 19 volte l’assenso con la testa.

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