Renzo Mazzaro: “Querelato chi aveva previsto la strage del Vajont”

Il giornalista Renzo Mazzaro ci presenta un libro che può far luce su molti punti riguardo la catastrofe del Vajont, incluse voci silenziate

Il giornalista Renzo Mazzaro torna con dei consigli di lettura a proposito della strage del Vajont, evento di cui abbiamo sentito parlare spesso in questi giorni, in ricorrenza del suo sessantesimo anniversario. Il libro consigliato traccia la vera storia del della catastrofe, comprensiva di responsabilità che forse vengono trascurate.

Le parole di Renzo Mazzaro

“Ho visto che in televisione si continua a parlare del disastro del Vajont, accaduto il 9 ottobre del 1963. Questo vuol dire che chi oggi ha sessant’anni era appena nato, dunque non può ricordare assolutamente niente.

Bisognava avere almeno dieci anni per ricordare l’emozione e i racconti che ci facevano in quel momento. Tutti quelli che hanno meno di sessant’anni hanno sentito parlare del Vajont molto dopo, in ritardo e quindi nemmeno con delle responsabilità precise che sono emerse.

Come colmare queste lacune? C’è un modo molto semplice e rapido, cioè andare in internet, cliccare film sul Vajont, magari anche il nome di Renzo Martinelli, che è il regista, e c’è il racconto storico di tutto quello che è accaduto con le precise responsabilità. Un film, però, si guarda e poi si dimentica.

Io vi suggerisco un libro: si chiama “Il disastro del Vajont dalla A alla Z”. Questo libro costa solo nove euro, lo potete tenere in casa perchè rappresenta la memoria e può essere consultato rapidamente. L’ha scritto Toni Sirena, un giornalista che conosco bene.

La giornalista Tina Berlin

Figlio di Tina Berlin, che è stata la giornalista che per prima, prima dell’incidente e del disastro, ha scritto e riscritto a proposito della pericolosità della frana. Quindi ha scritto del pericolo costituito dalla costruzione della diga, che significava preannunciare un disastro.

Non solo non è stata creduta, ma è stata osteggiata in parte anche dal suo stesso giornale. Soprattutto, fu denunciata e querelata da chi voleva assolutamente fare la diga, che è stata fatta.

Il giornalismo d’inchiesta

Questo è stato, per me, il primo esempio che ricordo di un giornalismo d’inchiesta, del quale c’è bisogno anche oggi. Ce n’è bisogno perché i potenti non amano che si ficchi il naso in quello che stano facendo, perchè non sempre quello che fanno corrisponde alle indicazioni che rendono pubbliche, cioè non sempre viene fatto nell’interesse generale”.

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