I treni regionali non sono mai davvero ripartiti dopo il lockdown. A dirlo sono i comitati dei pendolari che hanno cominciato ad alzare la voce. Dichiarare la chiusura è facile e si attua allo stesso modo per tutti i settori basta fermarsi. E’ la ripartenza che sta ogni giorno mostrando la diversità dei mondi dei servizi e della produzione.
Treni regionali
Nel caso dei treni regionali il dimezzamento dei posti a sedere e il divieto di sostare in piedi tra i sedili costringe Trenitalia a offrire più mezzi in cambio di minori incassi e per evitare i bilanci in rosso, i treni regionali nelle fasce di punta, continuano a fornire una copertura ridotta. L’unica soluzione è tornare al regime precovid con però l’uso obbligato delle mascherine, secondo i comitati e stiamo parlando degli organismi che raggruppano gli utenti della linea dell’alto Friuli, di Salzano-Robegano, di Belluno e San Stino di Livenza.
La lettera
Tutti assieme hanno firmato una lettera che hanno inviato agli assessori regionali ai Trasporti e Mobilità, e alle direzioni regionali di Trenitalia chiedendo di tornare al sistema vigente prima del lockdown, ossia, eliminando le attuali limitazioni all’offerta, le quali risultano incompatibili con qualsivoglia ripresa. Il rischio, spiegano, in mancanza di una rifidelizzazione dei clienti, è quello di peggiorare la situazione economica generata dai mesi di lockdown e calo relativo della bigliettazione.
Solo tornando a fornire un servizio completo, si riportano i passeggeri sui treni, evitando il ricorso a mezzi privati, spiegano. I pedalatori insomma sembrerebbero in sintonia con Luca Zaia e contro il sottosegretario agli interni Achille Variati che nei giorni scorsi ha bollato come una cattiva idea la proposta di tornare ad occupare tutti i sedili e proponendo, invece, il ricorso a mezzi privati. Il timore è che il servizio potrebbe costare di più anche ai pendolari.