In questa nuova puntata di “Stanno Facendo un 48“, Pietrangelo Pettenò, Presidente Centro Studi MedFort, parla con Patrizio Baroni e insieme si interrogano su come Venezia potrebbe diventare, da magnifica vetrina qual è, il cuore pulsante della produzione culturale ed economica.
Venezia non può essere solo una vetrina. Storicamente, il cuore pulsante della città è la produzione. Adesso servirebbe una produzione culturale capace di riempire gli spazi della vetrina. Alda Vanzan, giornalista del Gazzetino, poco tempo fa lanciava una provocazione riguardo all’assenza di prodotti veneziani al Festival del Cinema di Venezia. Ma è anche vero che non ci sono scuole, non c’è un centro di produzione dedicato.
Centro di produzione
“Sono d’accordo. Tempo fa avevamo pensato di ridestinare parte dei capannoni abbandonati di Porto Marghera proprio a questo scopo: fare quello che una volta si facevano alla Giudecca, dove c’erano le attività di produzione cinematografica. Eravamo arrivati al punto da siglare un accordo con Sky, erano praticamente cose fatte. Si sarebbe trattato di un laboratorio produttivo a tutti gli effetti. Invece le cose sono sfumate e oggi continuiamo a vedere dei bei contenitori espositivi, com’è diventato Forte Marghera, ma che si limitano ad ospitare. Non producono, alle loro spalle non c’è imprenditoria, ma politica e soldi dei contribuenti.”
“Il polo culturale e produttivo dell’aggregazione e della creatività che si sarebbe venuto a creare Venezia, avrebbe potuto facilmente produrre, ma si è preferito farla diventare una vetrina: incantevole, ma pur sempre una vetrina.”
Il bello è importante, ma a noi interessa anche che sia sostenibile e non solo in termini di sostenibilità ambientale: deve esserci un impulso economico di ritorno.
“Non esiste solo un’economia del profitto: nel produrre cultura anziché limitarsi a esporla, ci sono dei servizi in cambio per la collettività. Lo spazio può essere affittato a una somma molto bassa e il cittadino, nel frattempo, può godere di quanto succede nello spazio pubblico. Faccio l’esempio di un marmista di Venezia e che si è trovato a non poter più lavorare in città. Quando ero nella gestione di Forte Marghera, gli ho proposto di spostare il laboratorio lì, dove operavamo in questo senso. In cambio gli ho chiesto di esporre le sue opere e fare formazione artigianale ai giovani. È così che recuperiamo tutto ciò che ha fatto Venezia bella, bella come la vediamo oggi. Non dobbiamo permettere che venga dimenticato.”
“Fortunatamente abbiamo una Venezia resistente, che si aggrappa alla straordinarietà del proprio artigianato ed è fiera di farlo conoscere al mondo. Porto l’esempio delle perle di vetro, che l’Unesco ha riconosciuto come patrimonio culturale anche grazie alla tenacia di un gruppo di promotrici locali. TeleVenezia ha promosso di recente un’iniziativa di Bottega Cini di Murano, che punta a raggruppare gli artigiani del vetro: queste sono delle belle realtà, che meriterebbero davvero i finanziamenti europei.”
Finanziamenti per gente che lavora: è corretto. È inutile produrre nel momento in cui si sono già ricevuti i finanziamenti: è l’esempio dei banchi a rotelle. Di fronte a casistiche come questa l’Italia propositiva e proattiva che ci piace perde evidenza. Credo ci sia un ordine di priorità che sia bene mantenere. Cosa ne pensi?
“Temo che questo ordine stia andando perdendosi. Noi però siamo gente tosta, resistente e ci teniamo a fare comunque quello che abbiamo in mente. Il problema è che dobbiamo andare altrove: stiamo vedendo la produzione culturale che dovremmo fare, prendere vita fuori da Venezia e dal Vento. La nostra città, purtroppo, è stata forse screditata, nonostante tutte le sue potenzialità e la sua storia.”